News – Reportage al centro “Fenoglio” di Settimo Torinese – Donne vittime di tratta alla ricerca di cure e di una nuova vita

Torino 9 Febbraio 2017

slider-diritti-donne-bambine

Sono quasi le due e mezza del pomeriggio e il signor Agostino, bussando alla porta dello studio del dottor Raffaele Pepe, medico della Croce rossa al centro polifunzionale “Fenoglio” di Settimo Torinese, annuncia che tra mezz’ora arriverà il secondo e (probabilmente) ultimo pullman della giornata che trasporta una cinquantina di nuovi profughi. «Il tempo di un caffè dice sorridendo il medico che è riuscito a mangiare un boccone velocemente – e si riprenderà un altro ciclo di visite per i nuovi arrivati».

Gli ospiti sono giovani tra i 18 e i 22 anni, tra di loro ci sono anche giovanissime ma la maggioranza sono uomini. Arrivano dall’Africa, in particolare da Libia, Somalia, Costa d’Avorio, Mali, Eritra, Burkina Faso e Senegal, ma anche dal Kashmir e dal Bangladesh.

Attraversando il mare, trasportati dai barconi della fortuna, sono giunti sulle coste siciliane e dalla grande isola arrivano fino alle porte di Torino, a Settimo, il punto di smistamento degli arrivi. In questo centro gestito dalla Croce rossa, che nelle ultime due settimane ha registrato 300 arrivi, i profughi trovano una prima calorosa accoglienza che ha il volto della solidarietà: volontari e medici si prendono cura di loro. «Diamo una prima assistenza medica perché spesso arrivano ammalati – spiega il dottor Pepe, che opera con altri due medici e una psicologa -, perciò li sottoponiamo a una visita di primo livello per escludere malattie importanti. I medicinali sono importantissimi e non sono mai abbastanza e il Banco Farmaceutico è di grande aiuto anche per queste persone».

Che è difficile trovare in buona salute, e il lungo viaggio in mare ci ha messo anche del suo. «Sette-otto casi in media su una sessantina sono affetti da scabbia, un dato che abbiamo riscontrato negli ultimi sei mesi del 2016 – prosegue il medico -; altri soffrono di asma, mal di gola, tracheiti, laringiti e di sindrome influenzale».

Altri ancora arrivano con la pelle letteralmente bruciata. «Sono ustioni, in particolare a glutei e gambe, anche di secondo livello e sono causate dalla salsedine del mare che insieme alla nafta che si deposita nelle stive dei barconi, dove spesso sono stipati questi sfortunati, è un vero e proprio acido che brucia sulla pelle».

Tra le donne capita anche di incontrare vittime di tratta, incinte, altre vogliono abortire perché hanno subito violenza sessuale, oppure hanno infezioni sessualmente trasmesse. E capita pure di sentire storie che fanno accapponare la pelle. «Ricordo quella di una giovanissima nigeriana che era arrivata con una grave ustione al cuoio capelluto – spiega il dottor Pepe -, si era ribellata alla tratta e per questo le avevano gettato sulla testa acqua bollente. Il cappellino di cotone che le abbiamo tolto a fatica con soluzioni fisiologiche rivelava un’ustione di terzo grado e necrosi».

Ma al centro di Settimo si incontrano anche storie a lieto fine. Oggi 275 migranti fanno parte del progetto Sprar, il sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati, che al centro si stanno impegnando in corsi di formazione professionale: diventeranno meccanici o professionisti dell’arte bianca.

Liliana Carbone