ZCM – Il riconoscimento dello status di rifugiato alle donne perseguitate per motivi di genere, 2010

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PREMESSA

Anna Cerruti, Presidente Zonta Club Moncalieri, 2010

Delle donne … ci si dimentica.
Quello che si fa alle donne…è normale….

Un tempo gli uomini dei villaggi si incontravano nei mercati per trattare le relazioni, per scambiare le merci e… anche le donne: era il metodo – spiccio – con cui le comunità si assicuravano la sopravvivenza procreativa e biologica e stabilivano alleanze.
Chiedere alle donne se erano d’accordo di essere catapultate in una tribù lontana, date in sposa – ed in balia – ad un uomo mai visto, in un ambiente ostile, dove probabilmente non si parlava neppure la stessa lingua, sottoposta alla schiavitù del lavoro e sessuale, è una domanda che nessuno si poneva. Le donne non avevano voce in capitolo, non erano riconosciute come soggetto autonomo, come individuo, ma erano un oggetto, una proprietà della famiglia di appartenenza, dove erano gli uomini a decidere come disporre ed allocare beni. Ciò avveniva a tutti i livelli, trasversalmente alle classi sociali, nelle famiglie reali (nelle Corti europee nascere principesse era una vera sciagura: merce di scambio, oggetto di alleanze tra Stati suggellate da matrimoni combinati), come negli ambienti rurali: secondo la testimonianza di una contadina (riportata in Nuto REVELLI, L’anello forte, Einaudi, Torino 1980), nelle Langhe piemontesi all’inizio del ‘900 la donna valeva meno della vacca nella stalla.

Col tempo, ma ci sono voluti secoli, millenni, la donna ha cominciato ad “esistere”: è diventata un individuo, dotata di anima; non senza difficoltà, nel corso degli ultimi due secoli, le sono stati riconosciuti, nei paesi occidentali, i diritti che normalmente erano attribuiti agli uomini, suggellati alla fine con il diritto di voto.

Nel 1948 l’ONU riconosce e sancisce i diritti primari dell’individuo, uomo e donna, con la promulgazione della Dichiarazione Universale dei diritti dell’Uomo (fortemente e significativamente voluta da una donna, Eleanor Roosevelt), che stabilisce nei primi articoli (1-7):
Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti…. Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciate nella presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione. Nessuna distinzione sarà inoltre stabilita sulla base dello statuto politico, giuridico o internazionale del paese o del territorio cui una persona appartiene, sia indipendente, o sottoposto ad amministrazione fiduciaria o non autonomo, o soggetto a qualsiasi limitazione di sovranità. Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza della propria persona. Nessun individuo potrà essere tenuto in stato di schiavitù o di servitù; la schiavitù e la tratta degli schiavi saranno proibite sotto qualsiasi forma. Nessun individuo potrà essere sottoposto a tortura o a trattamenti crudeli, inumani o degradanti. …. Tutti hanno diritto ad una eguale tutela contro ogni discriminazione che violi la presente Dichiarazione…..”.

Nell’art. 14 infine recita: “Ogni individuo ha il diritto di cercare e di godere in altri paesi asilo dalle persecuzioni”.
Oggi, almeno nel mondo occidentale, il concetto di uguaglianza uomo donna è dato per scontato, e si è portati a ritenere che tutto sia risolto, ma le circostanze obiettive mostrano chiaramente che così non è. In molti paesi tale riconoscimento non è ancora stato sancito dalle leggi né la dichiarazione dei diritti umani è stata recepita; e anche nei paesi apparentemente allineati, i comportamenti concreti vanno in realtà molto spesso in direzione contraria.
È difficile andare contro ad abitudini consolidate da millenni.

Così ancora oggi, se una donna, nella lotteria della vita, ha la sfortuna di nascere nel posto sbagliato, 15 corre il concreto rischio di essere mutilata nei genitali da piccola, di essere data in sposa ad uno sconosciuto, di essere oggetto di violenze gratuite e legittime da parte del marito padrone, di essere condannata ed uccisa, a pieno diritto, dal padre o dai fratelli, perché veste a suo piacimento o frequenta persone non autorizzate, di essere giustiziata perché ha subito uno stupro….

Come può difendersi una donna che si trova in questa situazione e desideri trovare rifugio ed essere protetta in un altro paese? Come può fare valere il suo diritto inalienabile alla libertà, alla integrità e dignità personale?
La Convenzione di Ginevra del 1951, da cui parte il nostro studio, prevede il riconoscimento dello status
di rifugiato e così lo definisce:
“Il termine di rifugiato si riferisce ad ogni persona che temendo con ragione di essere perseguitata a causa della sua razza, della sua religione, della sua nazionalità, della sua appartenenza ad un certo gruppo sociale, o delle sue opinioni politiche, si trova fuori dal paese di cui ha la nazionalità e che non può o, a causa di questo timore, non vuole richiedere la protezione di questo paese ……”.
Il testo riprende, giustamente, la linea maestra definita dalla Dichiarazione Universale, ma, stranamente, non fa riferimento alle “ragioni di sesso”, come se il problema della persecuzione alle 16 donne in quanto donne non esistesse.

Le donne non hanno problemi, oppure delle donne, troppo spesso, semplicemente, “ci si dimentica”?
I comportamenti vessatori contro la donna sono considerati normali, anzi l’espressione di una cultura da rispettare in nome del multiculturalismo o addirittura della “libertà”. Quello che si fa alle donne … è normale.
Da queste semplici considerazioni è nata l’idea nel nostro Club Zonta Moncalieri di realizzare uno
studio sul problema del riconoscimento dello status di rifugiato alle donne perseguitate in quanto tali. Lo
studio da una parte raccoglie la scarsa legislazione sull’argomento esistente nel mondo e le sporadiche
deliberazioni in merito, dall’altra cerca di riflettere sulle possibili modalità di intervento.

Questo lavoro fa seguito a quello da noi realizzato nel 2007 sul tema “I matrimoni forzati nell’Europa multiculturale” che tratta di un fenomeno di violenza e coercizione contro le donne purtroppo tristemente
riapparso in Europa a seguito della immigrazione.
Confidiamo, con queste nostre riflessioni, di aver apportato un contributo per sensibilizzare l’opinione
pubblica e per richiamare l’attenzione sui problemi drammatici che ancora vivono le donne in molte
parti del mondo.

Lo studio è stato progettato e realizzato, con la collaborazione del Comitato della condizione della
donna, dalla nostra socia Maria Magnani Noya.

A loro desidero esprimere la gratitudine di tutto il Club Zonta Moncalieri e mia personale per l’insostituibile
e prezioso lavoro svolto.
Un grazie caloroso.

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